15 ottobre, 2005

«Con noi si realizza l'idea d'Europa»


Lo scrittore Ahmet Altan, 55 anni, è uno dei volti più conosciuti della Turchia. La sua immagine, che qui si affaccia con una gigantografia sul Bosforo, annuncia l'uscita del suo nuovo libro «La notte più lunga». La prima tiratura di 500 mila copie è già esaurita, ma non è ancora un record per lui che l'anno scorso ha venduto più di un milione di esemplari di un altro racconto, «Un luogo dentro di noi». «Racconto storie d'amore e sentimentali -dice Altan- per questo sono diventato popolare e famoso».

Per la verità Altan negli anni 80 salì alla ribalta con un articolo rimasto nella storia del giornalismo politico. Si intitolava «Atakurd» e immaginava che Mustafa Kemal Ataturk, il padre della patria, fosse nato a Diyarbakir, cuore del Kurdistan. Quell'articolo in cui si difendevano i diritti dei curdi gli costò il carcere. Ma la politica torna anche nei libri e le sue storie hanno sempre un sottofondo sociale. Ed è con il suo stile così amato dai lettori, paragonato al realismo magico di Gabriel Garcia Marquez, che Altan parla della Turchia in Europa.

«Per la prima volta l'Unione accetta un Paese non europeo. Per alcuni significa la crisi dell'Europa tradizionale, il tradimento dei suoi confini storici e politici. In realtà, per me, l'idea di Europa è un grande progetto che ha al centro l'uomo, un'idea per cui l'individuo è più importante delle frontiere e dello Stato in cui è nato. Se L'Unione rifiutasse la Turchia non metterebbe più al centro l'individuo ma proprio i confini che si propone di abbattere». Accettando i turchi, prosegue Altan, «questa grande idea europea assume invece una dimensione globale. Oggi non c'è in circolazione un'idea concreta più forte e affascinante del progetto europeo: credo che tra 10-15 anni l'Unione potrà collegare il mondo sotto l'ombrello di questa grande idea».

Ma la Turchia suscita diffidenza: è un grande Paese di 70 milioni di musulmani, con una cultura diversa. «Certamente - dice Altan - siamo un altro mondo ma non è questo il solo motivo che rende diffidente l'Unione. In realtà gli europei hanno grandi difficoltà a essere realmente europei: un italiano è un italiano, un francese si sente francese, un tedesco pensa da tedesco. Non sono ancora capaci di essere europei prima di qualche cosa d'altro. La Turchia può dare un contributo importante all'Europa. Siamo diversi, con stili di vita differenti, viviamo in un'atmosfera dove hanno importanza i miti e molte cose sono ancora avvolte in un'aura misteriosa. Questa diversità può attirare, come l'amore attrae persone diverse».

E l'Europa cosa porta alla Turchia? «La Turchia è sotto molti aspetti un problema: per esempio non è capace di cambiare da sola. Deve sempre farlo con una spinta dall'esterno. Ha bisogno di varare e applicare le leggi europee, che sono universali. L'esercito non deve entrare nella vita politica e nessuno deve essere processato per le sue opinioni». Come potrebbe accadere a un collega di Altan, lo scrittore Ohran Pamuk denunciato per le sue dichiarazioni sul genocidio degli armeni.

Il traguardo dell'ingresso in Europa ha comunque già trasformato questo Paese. «Oggi succedono cose un tempo impensabili: alla tv trasmettono serial dove si prendono in giro i militari, argomento intoccabile quattro o cinque anni fa. Un altro tabù che sta cadendo è la nostra storia. Abbiamo cominciato a dibattere su un passato sanguinoso: dagli armeni, ai curdi, ai greci. Potremmo però anche cominciare a rivalutare anche una storia positiva: quella che ha visto convivere qui popoli e religioni diverse». Lo sguardo di Altan, dalla sua terrazza sulla parte asiatica del Bosforo, corre all'Isola dei Principi. «A Burgaz e Ortakoy musulmani, cristiani ed ebrei hanno vissuto fianco a fianco per secoli e non è difficile vedere una moschea accanto a una sinagoga e una chiesa. È vero, siamo musulmani -dice con ironia– ma anche un po' speciali: il 30% di noi sono aleviti, a Istanbul c'è una moschea ogni 700 abitanti, ma i luoghi di culto sono vuoti. Durante il Ramadan che inizia oggi molti di noi mangiano, bevono persino il vino, e siamo anche troppo pigri per pregare cinque volte al giorno».



P. S.: Questo articolo firmato da Alberto Negri, pubblicato in 05/10/2005 sul Sole 24 Ore, si e' fatta con la collaborazione del giornalista turco Ali Isingor.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Sono una ragazza italiana che per caso ha trovato il tuo blog. Mi piacerebbe sapere come trovi i pezzi che poi pubblichi, peccato che dopo il 2005 tu non abbia più continuato.
Sono innamorata della Turchia e in particolar modo di Istanbul, pertanto trovo molto interessanti i pezzi pubblicati sul tuo blog.
Grazie.
Simonetta